Quelle radio di partito che si prendono 60 milioni di euro

Con un articolo a firma di Paolo Soglia, il Corriere della Sera stamattina punta il dito sulle radio “politiche” che ricevono pubblici finanziamenti dallo Stato. L’articolo comincia così:


Ucciderne mille per mantenerne sei: il governo ha tagliato i rimborsi previsti per le radio locali ma continua a regalare milioni alle cosiddette radio «di partito». Contributi diretti, che arrivano al 70% delle spese messe a bilancio. Molto si è parlato delle ruberie perpetrate dai finti giornali di partito: per accedere ai contributi bastavano uno o due parlamentari compiacenti che dichiarassero (solo sulla carta) di rappresentare unmovimento fittizio poi, come per incanto, compariva un giornale che ne diventava «organo » intascando i rimborsi. La legge sull’editoria, però, prevede che i contributi possano essere «corrisposti alternativamente per un quotidiano, un periodico o un’impresa radiofonica… ». Quando per i giornali venne abrogata la possibilità di ricevere i contributi col giochino del deputato «disponibile », ci si dimenticò di fare lo stesso per il settore radio-tv.

Nel 2007 il claudicante governo Prodi pensò di intervenire stabilendo che anche le radio dovevano quantomeno «essere organi di partiti politici che abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o due rappresentanti nel Parlamento europeo, eletti nelle liste di movimento… ». Subito dopo, però, ecco arrivare il salvagente per i furbetti:


Nella stessa legge si stabilisce infatti che le emittenti «di partito» già inserite in graduatoria «continuano a percepire in via transitoria con le medesime procedure i contributi stessi, fino alla ridefinizione dei requisiti di accesso». Insomma, per chi ha già intascato continua la cuccagna e sparisce addirittura la scocciatura di cercarsi un onorevole che di anno in anno firmi la dichiarazione da allegare alla domanda. In via transitoria, si capisce, d’altronde in Italia nulla è più stabile del transitorio… Dal 2004 al 2009 i contribuenti hanno versato nelle casse di sei radio «di partito» circa 60 milioni di euro.

Ed ecco i primi due esempi: Radio Radicale ed Ecoradio:


In cima al podio, tra i fortunati vincitori della lotteria (sempre gli stessi) c’è Radio Radicale, voce della lista di «Marco Pannella ». Oltre alle decine di milioni erogati per un servizio di diretta parlamentare che fa pure la Rai, riceverà anche quest’anno più di 4 milioni di euro. Le radio di partito «verosimili », diciamo così, sarebbero finite qui: esiste anche Radio Padaniama i leghisti preferiscono incassare i contributi per il giornale La Padania che costa ben di più… A seguire troviamo Ecoradio, un’invenzione dei Verdi di Pecoraro Scanio che entrò nel club grazie alle firme dei deputati ambientalisti Cento e Lion a nome del «Movimento politico Italia e libertà». I verdi si sfaldano, non così la scatola da soldi che passa a tal Marco Lamonica, proprietario di Ecomedia spa, voce del movimento «ComunicAmbiente» (e chi non lo conosce…) che sta per incassare 3 milioni e 274 mila euro. Tra i deputati che si sono alternati negli anni a metter la firma per garantire i finanziamenti a Ecoradio troviamo Massimo Fundarò (Verdi), Cinzia Dato (Ulivo), Mauro Libè (Udc) e Sandro Gozi (Pd). In sei anni Ecomedia spa ha portato a casa ben 18 milioni e 445 mila euro. Le spese di Ecoradio sono aumentate negli anni a dismisura: non così gli occupati, calati drasticamente. Dulcis in fundo, l’anno scorso il giudice del lavoro ha condannato Ecomedia per comportamento antisindacale. Insomma, soldi spesi bene.

Le altre sono Radio Città Futura, Radio Veneto Uno, Radio Galileo, Radio OndaVerde.

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